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lunedì 13 luglio 2015

In principio è il suono


In principio è il suono


Per  molti direttori d'orchestra, soprattutto quelli alle prime armi, una delle maggiori preoccupazioni durante la fase di studio iniziale di una partitura, è la puntualizzazione degli aspetti più evidenti, comuni pressoché a tutte le composizioni. Agogica, dinamica e struttura sono l'ossatura della musica e ne definiscono necessariamente le caratteristiche formali.  Sono la guida per l' intelligibilità del testo musicale che, senza di esse, apparirebbe come un fluire ininterrotto di suoni e ritmi senza definizione alcuna.  Una volta completato questo studio iniziale, sempre che per comodità o insipienza non si inizi dalle banalissime preoccupazioni gestuali, il compito del direttore-interprete dovrebbe soffermarsi sul fondamentale processo mentale d'astrazione che tutto racchiude: il concetto di suono.

Per sua natura, il musicista si occupa in primo luogo del suono e della sua riproduzione. Nel caso sia strumentista o cantante, egli deve necessariamente confrontarsi con le caratteristiche particolari del proprio strumento o della propria voce e, grazie all' abilità tecnica personale, raffinarlo secondo la propria facoltà di percezione. Il continuo sviluppo della propria tecnica manuale o vocale è indispensabile per poter mantenere una costante sensibilità e il necessario controllo. Nel caso del direttore, la riproduzione del suono da parte dell'orchestra non avviene esclusivamente in base al semplice comando gestuale. Se esso non è accompagnato da una precisa consapevolezza del suono che si desidera ottenere dagli esecutori, difficilmente produrrà un attacco con tutte le caratteristiche necessarie per definire e far comprendere agli esecutori la propria idea musicale. L' inespressa volontà di imprimere allo strumento orchestra il proprio "sound" sin dal primo attacco, è una caratteristica ormai comune a molti direttori ed è una delle principali ragioni per la quale le orchestre tendono a suonare uniformemente nonostante l'avvicendamento di chi le dirige.

È evidente che ogni autore si caratterizza per una specifica peculiarità timbrica. La plasticità di Brahms non ha in comune la gravità di Beethoven, il colore scuro di Schubert non condivide la brillantezza di Schumann e la levità di Ravel non è assimilabile al duttile ma determinato suono di Debussy. Anche se può apparire strano, l'approccio allo studio di una partitura di ogni singolo autore dovrebbe iniziare dalla personale capacità di immaginazione del suono propria di quel particolare compositore. Quando in partitura si trova scritto un f a tutta orchestra, è compito del direttore comprendere il peso strumentale richiesto, nonché stabilire la caratteristica dell' attacco all'inizio dell'esecuzione. È frequente osservare direttori che, indipendentemente dall'autore col quale si cimentano, si accostano ad essi col medesimo atteggiamento. Solo per fare un esempio, il f scritto in apertura del Don Giovanni di Mozart non è certo quello di Beethoven nella Sinfonia Eroica e richiede una morbidezza particolare, pena il conferimento di un carattere aggressivo poco confacente alla sua musica. Anche l'attacco e la distribuzione dell'arco da parte degli esecutori sarà differente, seguendo obbligatoriamente la diversa incisività.

La percezione interiore del suono desiderato non è caratteristica condivisa da tutti i direttori. C'è chi l'ha connaturata e chi, nonostante la conoscenza accurata della partitura, non raggiungerà mai la capacità di esprimerla naturalmente. Ovviamente, lo studio di una composizione seguito da una profonda elaborazione di pensiero attorno alla sua caratteristica sonora richiede tempo e notevole applicazione e concentrazione, nonché un accurato trasferimento dell'idea generale al braccio del direttore. Soltanto dopo aver raggiunto questo traguardo egli sarà nella condizione di conferire alla sua direzione un senso davvero "musicale" e non esclusivamente razionale, ottenendo già col suo attacco tutte le caratteristiche che l'esecuzione richiede: respiro, ritmo e colore. In mancanza di questa concretizzazione dovrà necessariamente accontentarsi di una, seppur lodevole, "ordinaria amministrazione".




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